Critiche

Riccardo Melotti

LA PERFEZIONE  STATUARIA di GRAZIA BARBIERI

Il mondo femminile nell’orno, nella seta, nel tono mai timbro esondo. Così l’abito sobrio, sgualcito da una pennellata minuta quanto soffice, come tatto solo dal colore poso perfetto; così l’epidermide garbata quanto austera, come un vergine lembo penetro d’intatto, dove una carezza è tremula al cospetto. Le immagini di Grazia Barbieri oscillano in equilibrio d’una direzione sapiente, nell’espressivo talento che colma, senza eccedere lo spazio. Quei volti femminili impenetri al caso, perché l’impostazione ha decise connotazioni, quanto dolci sensazioni d’accenti moderi all’accosto. Grazia Barbieri esce, nella differente moltiplica d’una ripetuta assonanza e viaggia in una visione sempre, senza tramonto del linguaggio che la sua figurazione genera. Certo l’autrice muove, sulla linea del perfetto definire e con una severa impostazione, nel rapporto tra soggetto e ambiente, dipinto con colore campito ma di luce intriso, nell’unione d’accordiva rappresentazione in cui tutto contribuisce all’effetto recepito dall’osservatore, il quale può solo essere attratto per il lodevole risultato dallo sguardo al senso.

Federica Mingozzi

Possiede una straordinaria capacità immaginativa che mette al servizio dell’arte. Le sue donne sono perfettamente calate nella realtà che le ospita.

Sono figlie del loro tempo, che a volte superano labidimensionalità del dipinto per svilupparsi in verticale attraverso appendici che contengono mani che paiono muoversi e danzare inni di libertà, partiture a volte piene di dolore, ma splendide nel loro essere reali.

Mostra personale “DOMINAE”

Testo critico di Antonietta Aida Caruso, storica dell’arte e curatrice

Commento artistico realizzato per la mostra personale “Dominae” tenutasi a Vasto (CH) a Palazzo D’Avalos, Musei Civici, Sala Bontempo dal 25 giugno al 3 luglio 2022. La mostra è stata curata della critica d’Arte Antonietta Aida Caruso ed organizzata dall’Associazione ACM con il patrocinio del comune di Vasto.

Grazia Barbieri, bolognese, è una maestra d’Arte in Pittura. Come accade per tanti artisti, non manifesta subito il suo talento. Torna alla sua passione giovanile in età più avanti, dopo i corsi di trompe l’oeil ed espone a Bologna, Mantova, Roma, Milano, Budapest, Parigi, conseguendo Premi e riconoscimenti e pubblicando in riviste e cataloghi, tra cui nell’Annuario Mondadori

I soggetti prediletti della Barbieri sono le donne, donne dallo sguardo profondo penetrante, accattivante, tagliente, intelligente, sempre rivolto sfrontatamente all’osservatore; donne rappresentate con una tale cura tecnica e compositiva da sembrare vere.

Il suo virtuosismo tecnico – espresso nella grande precisione, le luci e le ombre calibrate con abilità, la figura che si staglia su sfondi studiati, la cura minuziosa dei dettagli e il controllo della intera composizione e della postura della figura – ha fatto pensare ad un’artista Iperrealista. Anche la sua capacità di rendere l’illusionismo (derivato dal trompe d’oeil) va in questa direzione.

Ma mi permetto di dissentire su questa definizione: Grazia non è una iperrealista.

L’iperrealismo è una corrente artistica che nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni ’70 diffondendosi anche in Europa. L’iperrealismo, servendosi di tecniche fotografiche, riproduce il reale in modo così perfetto che le pitture, e soprattutto le sculture, sembrano vere. Personalmente ho visto opere iperrealistiche alla Biennale di Venezia e vi garantisco che l’effetto è straordinario: nel nudo di una donna si vedevano i pori della pelle! Ma i volti sono inespressivi, il fine è riprodurre il reale il più aderente possibile, in tutte le forme, anche alienate, della vita di oggi. Si pensi a Hanson, uno scultore americano che rappresenta in vetro-resina turisti obesi in maglietta e bermuda!

Non è questo il caso della Barbieri.

Le sue donne non sono reali: provengono da sé stessa. Sono interpretazioni sue Caterina Sforza, Le Erinni (le personificazioni femminili della vendetta), Plautilla (l’architetto del ‘600 realizza la cappella Contarella in San Luigi dei Francesi), Cerere, dea materna della terra e della fertilità, tutela i raccolti, Lucrezia Borgia, Giuditta, Eva, Circe e altre eroine bibliche o classiche, rivisitate in chiave contemporanea.

Mi fanno pensare alle ragazze di copertina delle riviste di moda per la loro bellezza ostentata, la sfrontatezza, lo sguardo. Nelle immagini di moda e di celebrità dei rotocalchi la bellezza della donna è costruita. Ma le donne delle riviste non corrispondono alla donna vera che oggi ancora lotta per la sua indipendenza, per il diritto di esistere nella sua essenza, per non essere prevarica in una società solo apparentemente emancipata ma radicalmente maschilista. Una donna che subisce violenza ogni giorno! Non dimentichiamo che un giorno sì e uno no una donna viene uccisa,

Allora chiediamoci se davvero la donna ha definito la sua identità nel mondo contemporaneo.

Forse è proprio questa ritrattistica decisa, di sfida, quasi travolgente della Barbieri a farci interrogare sul ruolo che la donna vive oggi. Forse l’ostentazione delle idee e della forza che fuoriescono dalle sue tele sono un invito a non soffocare in un mondo ancora fortemente maschilista.

Le donne di Grazia allora sono delle donne ideali, altro che iperreali! Donne munite di una identità forte, con una marcia in più dell’uomo, che non accettano più compromessi e che sfidano il mondo. Dov’è questa donna nel mondo reale? Se c’è fa molta fatica ad esistere!

Forse la donna di Grazia è un inno alla resilienza, dopo anni di battaglie femministe?

È una catarsi esistenziale della sua stessa vita? È il perseguire un senso della sua presenza nel mondo?  Sappiamo che ogni artista mette un po’ di sé stesso in quello che fa. Allora mi chiedo quanto incida la sua esperienza di donna nei suoi ritratti: i suoi pensieri, i tormenti, le riflessioni, gli stati d’animo. E sono certa che l’artista è tutto il contrario della donna che rappresenta.

Queste donne non sono gli stereotipi della donna madre, sposa o quelli della donna fatale di Klimt: sono immagini mascherate d’intraprendenza e sicurezza, ma sostanzialmente ideali.

La sfida che spesso hanno nello sguardo è una sorta di reazione alle tante forme di violenza che, mai come oggi, molte donne subiscono.

Comunque l’artista non fa rivendicazioni sociali, non vuole provocare l’osservatore. Non dobbiamo complicarci la vita con interpretazioni simboliste. L’artista vuole semplicemente rappresentare la donna nella sua forza e bellezza, anche se tutto questo è anacronistico nel mondo reale. Lo fa per amore della bellezza in sé. Ecco perché le sue donne sono “Dominae” ossia “Signore”, cioè icone fuori da ogni dimensione temporale e simbolica: tutt’altro che reali.Prendendo a prestito le parole di Truffaut per la protagonista della sua femme d’à coté “… una donna piena di vitalità, coraggio, entusiasmo, umorismo, intensità e, d’altro canto, con il gusto per il segreto, con un lato scontroso, un sospetto di ritrosia e, soprattutto, qualcosa di vibrante”.

Aida Caruso

ANNA SORICARO

Grazia Barbieri dipinge solo donne e riesce a farlo con una maestria davanti alla quale difficilmente si può restare insensibili poiché c’è una cura meticolosa dei dettagli, uno studio dietro ogni lavoro che evidenzia la calibrata mano esperta che riesce sempre, con originalità ed eleganza, a distinguersi. Le opere della Barbieri hanno la grandezza di attirare l’osservatore per la resa finale, a volte cromaticamente accattivante, altre volte di impostazione classica, come la Diana in mostra, altre volte ancora per la resa non convenzionale affidata al dipinto, ma è nei dettagli, nei capelli, nelle mani, nello smalto, nelle pieghe delle vesti, nella carnosità delle labbra delle protagoniste che si evidenzia la grandezza dell’artista. La Barbieri è l’accento all’arte contemporanea, perché è esattamente come in alcune parole italiane, indispensabile per capirne il senso

Commento artistico realizzato per la bi personale svoltasi a Barletta presso la GalleriaZeroUno dal 7 al 21 gennaio 2022

Alberto Gross

Premio d’Arte “Caterina Sforza” IIa edizione 2020/2021

L’intensità dei ritratti di Grazia Barbieri si impadronisce di una fascinazione e di una violenza tali da trascinarci insieme fino al crinale, alla crosta della catastrofe, tra irresistibili voluttà e spaventevoli, fascinose realtà. La sua Caterina, è così ieratica e sontuosamente altera da divenire icona di sé medesima: l’individualità del personaggio assume i tratti del carattere universale che sbriciola e oltrepassa le direttive di spazio e di tempo storico. Bellissima – come forse Caterina Sforza non era – conserva la proverbiale forza della sovrana rilanciandola e trasformandola in una vibrante, coraggiosa vitalità femminile. Il re è ormai sotto scacco, prono e intrappolato nel palmo, pure generoso e leggiadro, di una donna che tracima fierezza, sentenziando in maniera incontrovertibile, irresistibilmente determinata e risoluta.

Commento artistico dell’opera “Caterina” che si è aggiudicata il 1° premio al Premio d’Arte “Caterina Sforza” IIa edizione 2021/2022 svoltasi nella Sala consigliare Rocca Sforzesca di Bagnara di Romagna, dal 25 settembre/3 ottobre 2021.

Paolo Levi

La pittrice Grazia Barbieri è virtuosa sul piano esecutivo ed è sapiente nell’utilizzare la Classicità espressiva, facendola propria in chiave moderna. E’  qui esemplare la rivisitazione del mito di Cerere, propiziatrice dei frutti della terra, opera nella quale si rileva una minuziosa ricerca compositiva. La rappresentazione è assai suggestiva; è frutto di una colta inventiva, ponendo sui capelli della dea un’amabile acconciatura di spighe di grano. E’ una Cerere  splendidamente carnale che poggia il gomito su una clessidra, simboleggiando il passaggio delle stagioni; il volto è seducente, gli occhi azzurri che richiamano il cielo. Appare qui chiaro l’allarme sul degrado ambientale, individuato nello sfondo, dove minacciose costruzioni industriali emettono colonne di fumo che impestano un’atmosfera cinerea.

Commento artistico pubblicato sul volume “lagioiadell’Arte il COLLEZIONISMOCONTEMPORANEO” – 2021

Pasquale Di Matteo


Grazia Barbieri è un’artista accademica che risiede nella florida Emilia Romagna. Si tratta di una pittrice realista che strizza l’occhio all’iperrealismo. Un’artista figurativa, il cui realismo non è certamente fine a se stesso, né si esaurisce con il mero senso visivo, ma trascende il semplice ricordo di scene e di figurazioni, grazie alla sapiente organizzazione strutturale con la quale le sue opere sono costruite. Le protagoniste sulle tele della Barbieri sono le donne, rappresentate con sguardi taglienti, intelligenti, che sanno andare oltre quanto osservato, in un chiaro codice espressivo con cui l’artista veicola uno dei suoi messaggi più importanti, ovvero l’invito a non soffermarsi sull’immagine, ma ad avere la capacità e la voglia di comprendere che cosa si nasconde dietro alle notizie.

Grazia Barbieri ci esorta a superare la barriera di quanto colto dal mero senso visivo, che spesso è offuscato dalla manipolazione dei media, dai preconcetti, dagli stereotipi e dalle mode. Un’artista che abiura la superficialità, sebbene, a un primo fugace sguardo, l’arte che propone appaia il risultato della ricerca della perfezione realistica. Infatti, osservando attentamente, si può notare come Grazia Barbieri affronti molti temi importanti del nostro tempo: l’emancipazione femminile, le questioni ambientali, fino a sottolineare la dicotomia

tra superficialità e profondità. Un trionfo di concetti profondi che l’artista affronta con il piglio del filosofo, con l’intelligenza della donna e la sensibilità che soltanto gli artisti dimostrano.

Le sue figure hanno ricci capricciosi, che nascondono idee e forza per non soffocare in un mondo ancora a trazione maschile; altre presentano teste importanti, contornate da chiome abnormi che sono sottili metafore, oppure hanno sguardi trasognati verso luoghi lontani, mentre, alle loro spalle, il mondo è soffocato dai fumi del progresso. E ci sono donne con simboli biblici, attraverso i quali la Barbieri si confronta con la sociologia del suo tempo e con la società in cui sembra incastrata, sebbene il suo animo sia alimentato dal desiderio di vivere in altri momenti e, soprattutto, in un’altra società. Concetto, quest’ultimo, che esprime attraverso un largo ricorso al bianco, colore del cambiamento e della speranza. Donne mimetizzate con l’ambiente circostante che sono metafora della sottomissione culturale a cui ancora vengono costrette da una società non pienamente matura. Ma Grazia Barbieri le dota di un’arma tra le mani, come a voler sottolinearne l’esistenza anche al di là di quanto molti uomini comprendano.

Le cromie di Grazia Barbieri

non sono soltanto quelle riconducibili al realismo ch’ella tenta di declinare sulle tele, ma sono il frutto della rielaborazione delle pulsioni del momento e delle sensazioni che alimentano i messaggi da sviscerare. Inoltre, proprio il frequente utilizzo del bianco dimostra come Grazia Barbieri sia alimentata dal desiderio di rinnovare e cambiare la propria vita, con un pizzico di speranza mai sopita, malgrado il momento non certo positivo che racconta attraverso la sua arte, senza avere pudore, remore o paura di declinare ciò che sente. Da qui la donna Grazia manifesta la fierezza della sua personalità e di un’identità aperta al dialogo, ma non disposta a sottostare a imposizioni. Grazia Barbieri estroflette molto di sé in ciascuna delle sue donne. Rappresentano i suoi pensieri, i tormenti, le riflessioni, gli stati d’animo, in un’esaltazione di colori che è il frutto di una catarsi esistenziale con cui l’artista dà un senso alla sua presenza nel mondo e afferma la propria identità. Grazia Barbieri è senza dubbio un’artista raffinata, il cui realismo tutt’altro che banale è, invece, fonte di profonde riflessioni sul nostro tempo. Perciò la pittrice emiliana merita certamente di essere considerata tra le più belle realtà dell’arte contemporanea italiana.

Commento artistico pubblicato sul volume “I VERI ARTISTI CONTEMPORANEI” edizione 2021

Nostos ed erranza – il canto delle sirene

Grazia Barbieri apre il sipario di un immaginario spettacolo teatrale punteggiato da controversie equivoche, recrudescenze di inesauribili ed universali: le donne ritratte dall’artista possiedono una naturale ieraticità icastica in cui il carattere simbolico è referente di una malìa indicibile e feroce: si pensi a Circe che accarezza il risultato del suo sortilegio con ancora negli occhi la grazia e l’insolente innocenza della seduzione.

Alberto Gross

Commento artistico realizzato per la mostra collettiva “Nostos ed erranza, il canto delle sirene” svoltasi a Ostia presso la Galleria Esse&rrE dal 22 agosto al 4 settembre 2020.

I colori “stesi” con grande tecnica e precisione, luci e ombre misurate con abilità e sapienza, figure che si stagliano su sfondi studiati ad hoc per ambientare il soggetto: c’è tutto questo ed anche di più nei lavori di Grazia Barbieri, pittrice che cura i dettagli in modo quasi maniacale. E i risultati si vedono. I suoi dipinti, infatti, riescono a calamitare l’attenzione di chi li guarda lasciandoli quasi increduli del risultato estetico che l’artista riesce ad ottenere.

[…]

Osservando chi li osserva si intuisce chiaramente che vorrebbero toccarli per verificarne la tecnica. Anche i soggetti, sempre femminili e ispirati a personaggi mitologici, rivelano la sensibilità di Grazia Barbieri che unisce sacro e profano con grande semplicità, quasi volesse dar forma al pensiero. Con i due dipinti “Maria” e “San Valentino” l’artista si è aggiudicata il primo premio alla nona edizione del Concorso De Marchi nella categoria Tecniche Miste.

Commento artistico pubblicato sulla rivista Art Journal, n. 100, edizione straordinaria  2020.

Leonarda Zappulla

Commento artistico pubblicato sul volume “ARTV Gallery, Storie di Artisti” – Art Now

Grazia Barbieri nasce a Bologna, dove frequenta l’Istituto Statale d’Arte conseguendo il diploma di maestra d’Arte in Pittura. Per diverso tempo non dipinge, riavvicinandosi alla sua grande passione solo negli ultimi anni. Man mano più sicura e fiduciosa delle proprie capacità, Grazia inizia ad esporre le suo opere in mostre personali e collettive a Bologna, Mantova, Roma, Milano, Budapest, Parigi. Ammirate ed appezzate, le sue creazioni ricevono premi e riconoscimenti e vengono pubblicate su periodici e libri del settore, fino ad essere inserite all’interno dell’Annuario Mondadori con una critica più che positiva da Parte di Vittorio Sgarbi. La sua arte può essere definita un autentico tributo alla donna, ritratta con realismo in lavori carichi di espressività: lo sguardo delle protagoniste è sempre rivolto all’osservatore, profondo penetrante, accattivante.

Grazia disegna anime, sentimenti ponendo l’accento sulla forza e sulla bellezza della donna fiera, consapevole di sé. Con talento e fare deciso l’artista modella tratti somatici netti che esaltano la poeticità dell’eterno femmineo, lasciando risaltare la luminosità degli incarnati in un gioco di rimandi luminosi e chiaroscuri calibrati tra le cromie brillanti. Uno stile pittorico che non può che incantare l’osservatore in ogni sua declinazione, in cui le narrazioni sottolineano la dimensione emblematica di una quotidianità  in cui la donna è vessillo di maestosità e grandezza.

Voce narrante di Leonarda Zappulla all’interno del servizio televisivo in occasione della trasmissione “Eccellenze italiane” del network a diffusione nazionale ODEON TV

Vittorio Sgarbi


La maggior parte di chi dipinge, scolpisce o in generale crea qualcosa, ci tiene al titolo di artista, col quale più spesso tende a compiacersi e ad autodefinirsi, tante volte in un delirio di narcisismo patologico, che, in quanto tale, non è per nulla supportato dalla realtà.

Perché l’arte è anche la meta agognata da chi ha bisogno di darsi un tono, nonostante scarse capacità tecniche ed evidenti carenze di contenuti.

ce positiva: si autodefinisce artigiana, preferendo questo titolo a quello di artista, forse anche perché, con l’andare degli anni e nel panorama contemporaneo, ha perso certamente l’aura carismatica un tempo riservata a pochi eletti.

Ma in effetti, nelle opere di questa artigiana, c’è la riproduzione di quello che vede, e fin qui tutto è chiaro. In quelle dell’artista, quello autoproclamatosi tale, spesso emerge un dato sconfortante.

Che è poi quello delle affermazioni che fa, del tipo: “Io dipingo quello che ho dentro”, ma poi, a vedere i risultati, c’è da pensare che dentro non abbia proprio nulla a cui concedere un valore, di  pecunia o anche solo di pensiero.

La pittura di Grazia Barbieri è solida, va dritta al punto del manufatto, che deve essere bello esteticamente per essere tale o ha perso in partenza il suo fascino: preso e ripreso da riferimenti glamour, dalle immagini di moda e di celebrità, posiamo senza sforzo ricondurlo alla fonte. E quindi sì, non è un’artista e ammetterlo per negazione è un punto di forza, tra sincerità e falsa modestia. Un’opera che punta al bello – senza quasi messaggi pseudo-sociali che solo chi li crea ritiene necessari, senza girarci intorno, senza quel pot-puorri di simboli buttati a casaccio, come tanti artisti didascalici ci propongono in imbarazzanti sfoggi di ignoranza dei significati, ma fa intellettuale e quindi eccoli ovunque – è un’opera che non imbarazza perché il suo scopo è quello di compiacere l’occhio, senza avere la pretesa di insegnarci qualcosa, di educarci dall’alto di un complesso di inferiorità che affligge quelli più convinti.

La pittura gradevole e ben realizzata non ha di meno rispetto a quella moraleggiante, anzi, non vuole romperci le scatole e di questo la ringraziamo.

Commento artistico pubblicato sul volume “ARTISTI ’20” Annuario internazionale d’Arte contemporanea, Mondadori Store

6° concorso Festa della Donna

Franco Bulfarini

Odissea”. In particolare l’artista ha ritratto con grande accuratezza realistica attualizzandola, la mitica dea Circe, fornendone un primo piano che ne estrapola con efficacia la personalità, con appagante effetto visivo ed efficace declinazione stilistica. Circe, nella mitologia greca, era figlia di Helios, il dio Sole, e di un’altra dea, Perseide, ed aveva il potere di preparare dei potenti incantesimi con i quali trasformare gli uomini che entravano nel suo palazzo in animali.

Nel dipinto Circe lancia uno sguardo ammaliatore, trattenendo al contempo tra le braccia in primo piano, un maialino frutto di una di queste trasformazioni. Probabilmente uno dei soldati al seguito di Ulisse. L’animale appare perfettamente a suo agio, con uno sguardo dolce, come inconsapevole del suo passato di uomo e di umano, perché soggiogato dalla forza dell’incantesimo.  Anche l’ornamento del bracciale che avvolge il polso di Circe, a forma di serpente, rafforza il senso della dominazione in corso.

Si ritiene che la nostra capace pittrice abbia voluto, nel richiamare nell’opera questa mitica figura femminile, provocare il palesarsi di una specie di sfida e di rivincita morale verso tante altre forme di violenza e sudditanza che, nella vita di ogni giorno, nel lavoro e spesso anche in famiglia, tante donne, troppo spesso, subiscono o hanno dovuto subire.

Commento artistico realizzato per la mostra collettiva organizzata dall’Associazione Amici dell’Arte in occasione del 6° concorso per la festa della donna, svoltasi presso la sede dell’Associazione a Castelfranco Emilia (MO), valso a “CIRCE” il 1° premio per la pittura.

Commento artistico realizzato per l’articolo pubblicato sul n. 2 del 2020 della rivista Art Journal.

La mitologia classica è il contenitore dal quale Grazia Barbieri trae spunto per la rappresentazione delle eroine dei suoi dipinti che non sono donne qualsiasi e neanche scelte a caso ma ricordate per la loro intelligenza e per il loro coraggio, oltre all’estrema bellezza. Rappresentate in uno stile quasi iperrealista, le tele, realizzate sia ad olio che ad acrilico, spiccano grazie ai colori sgargianti e vivaci, che evidenziano una bellezza che sembra rimandare ad un universo metafisico in cui primeggia una grande armonia nei colori, nella spazialità e nelle proporzioni.

Ciò che colpisce della sua pittura sono gli sguardi profondi e intensi che tendono a creare un trasporto verso il concreto che rende queste donne vive, quasi palpabili creando un grande impatto emotivo. L’abilità tecnica e l’attenzione ai particolari, senza però mai perdere l’insieme, sono gli elementi che riconducono alle varie personalità femminili.

Grazia Barbieri ha esposto i suoi lavori in un’importante mostra allestita alla Galleria De Marchi in gennaio, in occasione di Arte Fiera

Alona B

La femme d’à coté

Commento artistico realizzato per la mostra personale svoltasi a Bologna presso la Galleria De Marchi dal 25 Gennaio al 6 Febbraio 2020 nonché articolo pubblicato sul n. 1 della rivista Art Journal del 2020

Oltre tutto il resto, c’è un intreccio di peripezie, di capitolazioni, di sconvolgimenti, dialoghi sospesi tra la ruvida sabbia di un deserto supposto e il calore gelato di conversazioni malriposte e mai finite.

L’intensità dei ritratti di Grazia Barbieri si impadronisce di una fascinazione e di una violenza tali da trascinarci insieme fino al crinale, alla crosta della catastrofe, tra irresistibili voluttà e spaventevoli, fascinose realtà.

magini di donne, volti, personaggi che si svestono dei propri orpelli, maschere, camuffamenti, per tornare ad essere persone, interamente e pienamente tali: persona come lemma che procede dal prosopon del greco antico, concetto filosofico che descrive un sembiante teatrale nella sua individualità più intima, rappresentativa, descrittiva di un preciso canone o carattere di comportamento.

Per questo la maschera teatrale assume importanza manifesta all’interno della società antica: è simbolo e immagine iconica di ogni personalità, non adombra e nasconde, ma dischiude ed invita all’autenticità dell’anima del personaggio, sia esso illustre o nefando.

Così è facile assimilare i ritratti di Grazia Barbieri ad una carrellata di protagonisti di un immaginario spettacolo teatrale: teatro del “meraviglioso” e della “crudeltà” in senso artaudiano, dove ogni inquietante dilagare apre porte segrete, rischiara equivoche controversie e sentenzia in maniera incontrovertibile e feroce.

Una maliziosa e seducente Giuditta viene ritratta nella sua fiera rivincita su Oloferne, così come la Moira – in una postura assonante all’iconica immagine del soliloquio amletico – rappresenta e dice, per intera, l’ineludibile fissità del destino umano.

Ed è qui – oltremodo – che si rivela la molteplicità e la doppiezza della “signora della porta accanto”: come nel film di Truffaut la donna è disarmante nella sua bellezza, oscura, enigmatica, di tinte fosche il suo passato ma seducente fino alla malìa, irresistibile, onesta e fedifraga, gentile ma scostante, buona, cattiva, assassina e – forse – suicida.

Le donne ritratte dall’artista possiedono una ieraticità così tanto icastica da sfuggire ad una pittura realista  – nonostante l’estrema tattilità visiva delle vesti, delle stoffe incurvate, della naturalezza delle cadute – ed essere, infine, più vicine a certe icone di un rinnovato, contemporaneo gusto fiammingo e barocco, nell’indiscutibile centralità attribuita al personaggio dalla postura e dai simboli a corredo e completamento dell’immagine.

Donne apparentemente complicate ma semplici, come un arrivederci.

Prendendo a prestito le parole di Truffaut per la protagonista della sua femme d’à coté “… una donna piena di vitalità, coraggio, entusiasmo, umorismo, intensità e, d’altro canto, con il gusto per il segreto, con un lato scontroso, un sospetto di ritrosia e, soprattutto, qualcosa di vibrante”.

Alberto Gross

In tutti i casi la pittura è declinata sui supporti in maniera incantevole, con una visione lenticolare attenta ai particolari ma senza perdere di vista l’insieme della composizione, equilibrata, sorretta da colori decisi e ben contestualizzati al soggetto. Vi si legge un’indagine a livello di simboli spesso da dipanare opera per opera.

Commento artistico (tratto da un testo di Franco Bulfarini), pubblicato sul volume “Annuario d’Arte Moderna 2020 Artisti contemporanei”, ACCA Edizioni Roma


Il linguaggio di Grazia Barbieri è smaliziato ed in grado di supportare una potente espressività artistica che si avvale di diverse tipologie di colori e supporti tecnici: tra i colori ad olio ed acrilici e tecniche miste.

Eleganza, seduzione, espressività sono caratteristiche che contraddistinguono l’estro artistico di Grazia Barbieri. La sua padronanza tecnica è evidente nei tratti precisi. I suoi dipinti raccontano di donne forti, indipendenti che non rinunciano alla loro femminilità. Gli sguardi penetrano dentro l’anima dell’osservatore, causandone un sublime turbamento.

Barbara Romeo

Commento artistico pubblicato sulla rivista Art Now, n. I anno III gennaio/febbraio 2020, periodico d’Arte diretto da Sandro Serradifalco del 2020 in occasione del “PREMIO DELLA CRITICA”

Arte: cibo per l’Anima

Commento artistico realizzato per la mostra collettiva “Arte: cibo dell’anima” tenutasi a Scandiano (MO) il 24 e 25 Novembre e l’1 Dicembre 2019.


Grazia Barbieri dopo aver frequentato l’Istituto Statale d’Arte e conseguito il diploma di maestra d’Arte a Bologna, e varie esperienze sul campo dell’Arte, spazia oggi con disinvoltura tra nature morte, ritratti anche di figura e copia d’autore. Il linguaggio tecnico supporta una potente espressività che si avvale di diverse tipologie di colori e supporti tecnico come: colori ad olio, acrilici, pastelli, tecniche miste. In tutti i casi la pittura è sempre resa in modo incantevole, con una visione lenticolare attenta al particolare, senza perdere di vista l’insieme della composizione, quest’ultima dominata da equilibrio, sorretta da colori decisi e ben contestualizzati. Nelle nature morte spicca la forza del “Trompe l’oeil” tecnica appresa in occasione di corsi tenuti dalla maestra d’Arte Irma Fiorentini, tuttavia Grazia è andata oltre la decorazione, e la mera ritrattistica, infatti le sue figure femminili attestano dell’altro: quelle ritratte sono donne forti, determinate,

indipendenti, a volte fatali, spesso riconducibili al mito, o fatte emergere da una proiezione della mente, fermate nell’atto di un’azione compiuta o da compiere, indagate dall’artista con approccio psicologico, fissate e rese vive attraverso la pittura. Vi è la donna che ci mette di fronte alle nostre responsabilità, è “Cerere”, dea della nascita, che rende chiara la necessità di aprire la via ad un sano ambientalismo, per salvare l’umanità, ove la clessidra segna il tempo che rimane per poterci ancora salvare dal disastro dovuto allo sconsiderato ed autodistruttivo sfruttamento del pianeta Terra. Siamo in vista di un’arte che si confronta con la classicità, i riferimenti vanno ad Artemisia Gentileschi o poi anche a Tamara Lempicka, di certo vi è il proposito di declinare un proprio stile che dialoghi con il presente. Vi è in questi dipinti una progettualità volta alla riflessione costruttiva del bello non solo fine a sé stesso, ma in senso sia provocatorio che valoriale.

Franco Bulfarini

A proposito di tutte queste signore

Commento artistico del Premio d’Arte “Caterina Sforza” svoltasi a Riolo Terme (RA) dal 23 Novembre all’1 Dicembre 2019

Giovanni Scardovi (Presidente della giuria)  

La composizione simbolica celebra l’evento con un profilo di donna che evoca, affiancandosi alla mela e al serpente, l’Eva del peccato originale e ne ripropone la tentazione diabolica. Qui il tentato è assente mentre la donna evidenzia la presenza di profili in chiave enigmatica. In Rita, una ragazza che pare uscita da un cartellone pubblicitario e avanza dal quadro con aria provocatoria, affiora sulla fronte una corona di spine indice di sofferenza e di un martirio contemporaneo.

Budapest ARTEXPO

Commento artistico pubblicato sul volume “Budapest ARTEXPO” svoltasi a Budapest da 22 al 27 Novembre 2019.

Il tratto marcato e deciso da abile disegnatrice caratterizza la produzione artistica di Grazia Barbieri. Nelle sue opere la figura della donna è narrata nella sua complessità psicologica attraverso racconti cromatici quasi monocromi, che mettono in risalto l’emotività e le sensazioni sui volti delle protagoniste, carpendo l’intrigante fascino femminile. in “Demetra” lo sguardo, la postura, le vesti e l’ambientazione, quasi surreale, contribuiscono ad infondere nel fruitore un magnifico senso d’incanto e suggestione che certamente non è comune o indifferente. Le intere composizioni ammaliano e intrigano conferendo alle sue protagoniste un’aurea enigmatica e misteriosa: ciò le assurge ad icone della donna fuori da ogni dimensione temporale.

 Leonarda Zappulla

I colori e le parole

Commento artistico realizzato per la mostra collettiva “I colori e le parole” svoltasi a Milano presso Chie Art Gallery dal 28 Settembre al 5 Ottobre 2019. 

Grazia Barbieri riesce a utilizzare la figurazione in un’ottica tutt’altro che banale, evocando un disperato appello affinché si torni ad avere rispetto per il nostro pianeta, in un’eccellente metafora in cui la donna rappresenta, in fondo, la Terra. Fumo insalubri all’orizzonte e nubi cupe, tossiche, riempiono lo sfondo e sembrano tracciare un triste destino per l’umanità, mentre la donna, la Terra, vestita di bianco, perciò ancora disposta a perdonarci, a sperare in un tempo migliore, in un cambiamento dell’uomo, si sostiene appoggiata a una clessidra in cui la sabbia è quasi completamente scivolata via.

Segno evidente che non c’è più tempo per affrontare realmente il tema dell’inquinamento ambientale, non soltanto con slogan e azioni di propaganda, ma comprendendo che l’intero assetto su cui poggiamo le basi della società del progresso vanno riviste. Un’opera molto suggestiva e carica di spessore comunicativo, con segni e simboli inequivocabili di un tempo che potrebbe non essere neppure studiato in futuro.

Pasquale Di Matteo

Anna Soricaro

Commento artistico realizzato per la mostra personale svoltasi a Barletta presso la Galleria ZeroUno dal 28 Giugno al 5 Luglio 2019.

Tra divino e diabolico

Non c’è forza immaginativa migliore di quella che nasce e si snoda nella quotidianità del vivere, è così che Grazia Barbieri individua un percorso tra femminilità diaboliche e divine ispirata dalla religione, dalla storia, dalla mitologia, dal passato o da ciò che legge o guarda. Ogni figura è il ritratto di una donna, ricolma di simboli e dettagli, Giovanna, Eva, Demetra dall’aspetto diabolico e dagli occhi chiari, si pongono con determinazione, pronte ad essere inneggiate, studiate, sfidate e Rita, dai contabili fusti ramosi in testa, è incoronata da fiori bianchi di gipsofila, incanto e dolore insieme. In contrapposizione c’è la schiera di donne comuni che emergono silenziosamente dalla quotidianità, talune senza titolo, in un qualunquismo che le rende protagoniste involontarie, definite e conclamate di semplicità e grazia come nelle piume dalla esasperata cura di Angela o nella genuinità degli sguardi delle Matriosche o, ancora, nella maestosità ammutolente degli Arazzi.

Una maestra d’arte che riesce a tratteggiare le donne con una cura eccelsa del dettaglio, basti notare le mani e i capelli di ogni protagonista. Le grandiose grinze di ogni mano, le venature, le unghie lunghe e affusolate che impugnano, benedicono, si rilassano, si mostrano, trattengono. E i capelli in cui risulta inspiegabile la minuziosità con cui ogni chioma è resa, sciolti o acconciati, definiscono la maniacalità che solo una grande mano potrebbe rendere.

Con la Barbieri si conclama un’arte fuori dal comune, in una carrellata di attenzione ai particolari che sono i veri protagonisti, quelli da cogliere lontano dalle cromie avvincenti e dai corpi che balzano allo sguardo, tra orecchini, abiti, volti che fuoriescono dai fondi evitando l’appiattimento e la banalità. In una cocciuta umiltà questa arte non è mai fuori moda, sorpassata, retrograda o ingenua è, piuttosto, l’esempio di un altro modo di creare capolavori evitando, come scrisse Pasolini, di scolorire come vecchie carte, destinate a perdurare nei libri di storia dell’arte.

Una formazione di Maestra d’Arte e la frequentazione di corsi di Trompe l’Oeli la fanno approdare al ritratto. Dipinge donne classiche e moderne, come icone di cui ama far emergere il temperamento tramite un tratto grafico preciso e l’uso del colore.

Commento artistico pubblicato sul catalogo “I mille di Sgarbi lo stato dell’Arte Contemporanea in Italia”
Prima edizione, Cervia, Magazzini del sale, 31 Maggio-9 Giugno 2019

Maestri oggi

Commento artistico pubblicato sul volume “Maestri oggi”- ART Now Serradifalco Edizioni – Dicembre 2018.

Una formazione artistica da Maestra d’Arte e la frequentazione di alcuni corsi di Trompe l’Oeil danno l’imput a Grazia Barbieri per un felicissimo approdo all’arte del ritratto. E’ nelle sue splendide donne, tanto classiche quanto moderne,che tutta la sua passione verso il mondo dell’arte emerge tramite un tratto grafico preciso e una dote innata nell’uso del colore. Donne forti, belle, icone dei nostri tempi, che sapientemente l’artista ritrae facendone emergere il temperamento.

Così “Giuditta” diventa simbolo di forza, una figura quasi androgina, connubio di sensualità femminile e piglio deciso mascolino, contrasto sottolineato anche dalla giacca imponente e massiccia sulla fisicità esile e sinuosa della nostra protagonista. Giuditta rappresenta l’immagine odierna della donna, chiamata a confrontarsi con l’universo maschile in cui oggi gode di parità, dimostrando anche una marcia in più rispetto all’uomo che in un certo senso ingloba.

Leonarda Zappulla


Il Raggio di Grazia Barbieri

Dedica spontaneamente espressa del 20 Ottobre 2018

Il volto femminile, tra sogno e pensiero, giovane suadenza, pecca innocenza. Grazia Barbieri centra sguardi e corpi, li inscrive in un tatuaggio rinascimentale e con botticelliana memoria traduce quel senso contemporaneo dell’oso, del tento un rapporto accordivo di forma, gesto, timbro.

L’artista risolve l’enigma d’un incontro, nel labirinto ombro e luccico; sono busti, elevi mezzani d’armonie strateghe d’una bellezza angelica, fra spirito e tentazione in dialogo col giusto addobbo del soggetto, come scialle equilibrio di tatto sfioro e lembo percetto.

La cromia è pura, vela di talento sapiente, coniuga abito ed epidermide, elemento e fondo. Il tono è variego, il crine biondo o bruno, ritto o mosso. Un colloquio senza difetto. Grazia Barbieri trasforma il vedo in vero, il luogo in passo, la meta sentiera col salpo oltre il tetto.

Questa l’apparizione di un’odierna dea, tra nouveau d’organza, seta, velluto; un pensiero sgualcito da malinconie vissute, nella luce in pieno albeggio. Eppure la dimora è sigia stanza, dove respiri e pensieri si sommano e restano segreti che l’autrice rivela con raggio annodo la distanza.

Riccardo Melotti

Nessuno può immaginare
Grazia Barbieri ha una mano sapiente e delicata ed una umiltà così riservata che solo la pittura attenta riesce a liberare il suo spirito determinato e preciso. Certosina la mano si muove sul supporto lasciano che la luce, alla stregua di grandi artisti, divenga fondamentale nella lettura delle sue opere; donne, le protagoniste, scrutano l’osservatore penetrando nell’intimo, ma poco si resiste al loro sguardo lasciando che

la luce, da grande protagonista, accompagni chi osserva nella lettura dei particolari lasciando che il fondo sia nucleo generatore. Un’arte matura, frutto di una mano maestra che in questa mostra si districa tra bianco e nero volutamente a contrasto per mostrare la grandezza di una mano che spazia cromaticamente e che sa rendere con ogni tono ed ogni spazio.

Anna Soricaro 

Commento artistico realizzato per la mostra collettiva tenutasi a Barletta presso la Galleria d’Arte Zerouno dal 16 febbraio al 2 Marzo 2017.

Pastello ed acrilico su carta eseguito a mano libera. Dimensioni: cm 35 x 47. Anno 1994. Collezione privata.

Luci e trasparenze
La ricerca espressiva dell’artista bolognese, dove vive e lavora, si basa su una rilettura dei generi tradizionali della natura morta e del ritratto, attraverso una rappresentazione sensuale delle forme, con particolare attenzione alle trasparenze e alla luce. La sua pittura, nella sua raffinata e rigorosa stesura, sembra nascere per rappresentare le forme e la materia. La sensazione è quella di una personalizzazione dell’oggetto, in una sottintesa espressività, una sorta di emotività che l’artista riesce ad attribuire sia alle figure che alla natura inanimata, solamente attraverso l’inquadratura. Osservando bene le opere di Grazia Barbieri, ciò che viene maggiormente in risalto è l’intesa che si crea tra la tela e l’osservatore, il silenzio che quasi viene richiesto a chi le guarda, una sorta di introspezione all’interno di se stessi, per esprimere un modo diverso di osservare, una fede.

Nazzareno Trevisani

Commento artistico realizzato per la mostra on-line “Con Grazia”apparsa sul sito “Vendere Quadri.it”.

“Deformazione congenita della testa”: questo il singolare titolo dell’opera presentata al Premio De Marchi e  che ha consentito a Grazia Barbieri di conquistare il secondo posto nella categoria “tecniche miste”. La veridicità del viso della donna ritratta, i giochi di luce che la colpiscono, la profondità dello sguardo e quella del volto, rendono viva la la figura ritratta, tanto che lo spettatore può aspettarsi di interagire con essa.

Articolo apparso sul n. 3/4 della rivista Art Journal del 2016

Penso alla casa in Saragozza della nonna, alle sue stanze grandi e buie, al suo passato di donna nobile dalle mani lunghe che suonavano il piano trasformate in strumenti di lavoro per la sopravvivenza dei suoi figli, penso ai suoi cappelli d’inverno che chiamavamo “aladini”, alla sua estraneità con questo mondo popolano, alla sua esclusione aristocratica, penso al suo amore per me che non c’entrava niente con tutto il resto.

Francesca Guadenzi 

La Ragazza col turbante giallo
Vedo occhi che guardano lontano, vedo occhi che domandano, occhi di donna, occhi capaci di vivere più di chiunque altro. Vedo il giallo del sole sulla testa, giallo che ripara dal calore, dal bruciore, dalla malattia; vedo il giallo su uno sfondo ormai desueto, perduto, di una nobiltà decaduta. Vedo il marrone sulle spalle, il carico del saio della povertà indossato con orgoglio, il marrone del passato che è presente e non ha importanza alcuna.

Figure di Grazia Barbieri

Articolo apparso sul n. 3 della rivista Art Journal del 2015

In occasione del premio De Marchi, Grazia Barbieri ha vinto quello della critica con “Il Foulard”, un’opera che ben sintetizza i caratteri principali della ricerca ritrattistica della pittrice bolognese.

È inconfondibile nelle sue immagini, figure prevalentemente femminili, il richiamo alla corrente iperrealista dell’America anni Sessanta, della quale però l’artista non condivide appieno la precisione esasperata nell’adesione fotografica all’oggetto rappresentato: Grazia Barbieri infatti non riproduce semplicemente una fotografia, ma parte da immagini della sua mente riprodotte a mano libera e solo in seguito perfezionate con cura quasi maniacale in ogni minimo particolare del volto, dell’acconciatura, degli abiti e dei gioielli (oggetti che caratterizzano profondamente le sue opere tanto da divenire spesso parte integrante del titolo). Forse per questo le sue immagini non appaiono come imprigionate in un’istantanea, ma come sospese in una dimensione altra, mentale, che lascia trapelare sentimenti e percezioni estranee all’iperrealismo.

I volti ritratti da Grazia Barbieri, come nel caso dell’opera vincitrice, esprimono un ‘inesprimibile’ che racchiude sentimenti molteplici – solitudine, assenza, forse sconcerto e sorpresa, ma anche superiore distacco – più accennati che dichiarati, più evocati che esibiti.

Lorenza Miretti

Dell’Iper-grazia del reale: ritratti di Grazia Barbieri

Lorenza Miretti


Non soggetti urbani, automobili e insegne luminose dei fast food, non vetrine di negozi e palazzi dai riflessi nitidi o dalle trasparenze vitree scrupolosamente riprodotti, non oggetti commerciali di un ménage quotidiano dell’America anni Sessanta (si pensi a Richard Estes o John Baeder), ma nemmeno i grandi volti di Chuck Close che guardano lo spettatore con gli occhi sgranati né le caramelle o gli elettrodomestici dell’italiano Antony Brunelli, bensì ritratti e figure a mezzo busto di medie dimensioni le opere esposte da Grazia Barbieri che della corrente dell’iperrealismo fanno propria la volontà di riprodurre la realtà con tale precisione da contendere alla fotografia il primato dell’arte più fedele al vero (e meritare anche il nome di fotorealismo, termine coniato nel 1969 dal gallerista americano Louis Meisel). Come l’iperrealismo, Grazia sperimenta l’esasperazione del virtuosismo e il perfezionismo quasi maniacale della riproduzione del dato reale, rifuggendo il gesto istantaneo ed emozionale a favore di un percorso pittorico lento e meditato, pennellata dopo pennellata, con la pazienza di un’arte antica. Tuttavia mentre l’uno soleva spesso partire da un’immagine fotografica poi trasferita sulla tela in tutto il suo nitore, Grazia inizia da uno schizzo tracciato a mano libera che in seguito riporta allo stesso modo su una tavola lignea e in quello spazio dettaglia, affina e perfeziona. Più che figure reali tratte dalla quotidianità, l’artista sembra ritrarre le fattezze di immagini del tutto interiori come fossero flash che si accendono nell’oscurità della mente e che la pittrice coglie nell’attimo fuggente del loro apparire. Non è un caso che questi ritratti si staglino su fondali anonimi – indistintamente monocromatici (si veda Desigual) anche quando apparentemente realistici (Sottosopra e Carlotta),

immaginari nel loro sontuoso decorativismo (La ragazza con l’orecchino di perla), sempre privi di ogni profondità e prospettiva –; meri supporti bidimensionali atti ad isolare le figure sospendendole in una dimensione irreale che, per contrasto, amplifica e radicalizza l’accuratezza realistica delle figure; sfondi inerti che fanno da contrappunto alla precisione dei particolari cui è affidata la risoluzione iperrealista della rappresentazione non solo del volto, e del corpo, ma anche, prepotentemente, dell’abbigliamento. Come nella tradizione ritrattistica antica, abiti e accessori – ricchi e variopinti come in Desigual o Il foulard, oppure semplici come un paio di guanti rossi (Guanti), un turbante giallo (La ragazza col turbante giallo) o un foulard blu (Blu) – svolgono una precisa funzione comunicativa tanto da divenire spesso parte integrante dei titoli dei quadri: al pari di velluti ed ermellini, gioielli e simboli del potere dei ritratti di pontefici e imperatori, tali oggetti sottolineano la distanza di queste figure per lo più femminili dalla realtà e assumono un particolare valore simbolico ed evocativo. Se i ritratti dipinti dagli iperrealisti negli anni ’60 e ’70, raggelati in gesti quasi banali, infondevano nello spettatore una profonda inquietudine, le immagini di Grazia Barbieri emanano invece un senso al contempo di sorpresa e di solitudine come immortalassero esseri improvvisamente strappati da un rassicurante isolamento e spinti, disarmati e inermi, a fronteggiare un mondo sconosciuto. Eppure, a ben guardare, in loro non vi è alcuna traccia di sofferenza poiché la cura di ogni singola pennellata, nella sua precisione mai asettica, trasmette la Grazia di un iperrealismo carico di profonda e calda armonia.

Commento artistico realizzato per la mostra personale svoltasi a Monzuno nella sala del circolo artistico Ilario Rossi dal 20 Giugno al 2 Luglio 2015.

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